Studio Legale Avv. Paola Maddalena Ferrari

Il dentista può assumere un’assistente alla poltrona con contratto di apprendistato?

La risposta è positiva

La normativa

Il D.P.C.M. 9 febbraio 2018 – nel recepire l’accordo del 23 novembre 2017 tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, relativo all’individuazione del profilo professionale ASO quale “Operatore di interesse Sanitario” ai sensi della L. n. 43/2006 –definisce tale figura come “l’operatore in possesso dell’Attestato conseguito a seguito della frequenza di specifico corso di formazione (…) che svolge attività finalizzate all’assistenza dell’odontoiatra e dei professionisti sanitari del settore durante la prestazione clinica, alla predisposizione dell’ambiente e dello strumentario, all’accoglimento dei clienti ed alla gestione della segreteria e dei rapporti con i fornitori (…)”.

Il parere dell’ispettorato del lavoro

La risposta trova conforto nell’opinione qualificata dell’Ispettorato del Lavoro di Bari che in data 31/05/2021  che ha risposto ad un quesito sul punto.  

l’art. 44 del D.Lgs. n. 81/2015 consente ai datori di lavoro pubblici o privati, in tutti i settori di attività, di assumere soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione ai fini contrattuali. Esso consta di una componente formativa erogata in parte in azienda e in parte all’esterno, attraverso l’offerta formativa pubblica volta all’acquisizione di competenze di base e trasversali.

Nella vigenza della precedente normativa in materia di apprendistato – con particolare riferimento ai Direzione centrale coordinamento giuridico Ispettorato nazionale del lavoro Direzione centrale coordinamento giuridico Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha già precisato che il ricorso a tale tipologia contrattuale non è automaticamente escluso purché nel piano formativo individuale siano indicati appositi percorsi formativi coerenti con le esigenze dell’impresa ed “uno sviluppo di competenze diverse ed ulteriori, anche di tipo integrativo, rispetto a quelle già maturate ai fini dell’abilitazione”, riscontrabili nello svolgimento concreto delle attività (cfr. interpello n. 38/2010).

Ciò premesso, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva e nel rispetto delle disposizioni in essa contenute in termini di durata e modalità di erogazione della formazione, non si ravvisano ragioni ostative alla applicabilità di tale principio anche nelle ipotesi in esame.

Pertanto, il possesso dell’abilitazione non esclude l’assunzione dell’ASO con contratto di apprendistato professionalizzante, potendo portare ad una modulazione del percorso formativo, eventualmente ridotto, che tenga conto delle competenze acquisite nel corso della formazione già effettuata e della disciplina regionale di riferimento in relazione alla durata ed ai contenuti dell’offerta formativa pubblica di base e trasversale, determinata sulla base del titolo di studio posseduto dall’apprendista al momento dell’assunzione.

Illegittima la delibera che impone al medico di prescrivere il farmaco off-label meno costoso

Una sentenza destinata a fare giurisprudenza quella emessa dalla sezione terza del  Consiglio di Stato n. 3648/2021, depositata il 10 maggio, che entra nel merito di tre importanti questioni:

  • Se le Regioni hanno titolo a valutare l’equivalenza terapeutica.
  • L’estensione e limiti della libertà terapeutica del medico e al correlato diritto alla continuità terapeutica del paziente.
  • Determinazione del rimborso alle strutture del costo dei farmaci  (nella fattispecie Avastin, Lucentis, Eylea per il trattamento della degenerazione maculare legato all’età (Age-related Macular Degeneration, AMD- e dell’edema maculare diabetico – Diabetic Macular Edema, DME).

I Giudici di Palazzo Spada hanno respinto l’appello Regionale della Regione Lombardia e  confermato la sentenza del Tar della Lombardia n. 1533/2020 che dichiarò illegittima la delibera della giunta regionale n. XI/1986.

In particolare, hanno ritenuto illegittimo,  il paragrafo 1.4.3 che prevedeva, a decorrere dal 1 agosto 2019, in modo uniforme per tutti i farmaci che  un rimborso pari a 55,6 Euro per singola somministrazione per occhio»  al posto del  prezzo di costo effettivamente sostenuto dalla struttura per il loro acquisto (sulla base dei prezzi concordati con AIFA per le specifiche classificazioni di rimborsabilità, al netto degli sconti).

La dichiarazione di appropriatezza spetta all’AIFA

Compete alla sola AIFA e non alle Regioni la valutazione dell’ equivalenza terapeutica tra medicinali a base di diversi principi attivi nella fattispecie: Aflibercept (Eylea), Ranibizumab (Lucentis) Bevacizumab (Avastin).

Ne consegue, afferma il Consiglio di Stato, che la Regione Lombardia  ha esorbitato dalle proprie attribuzioni, invadendo le competenze esclusive di AIFA in tema di determinazione del prezzo di rimborso a carico del S.S.N.,  realizzando un indebito condizionamento sul medico prescrittore ed alterando anche i principi relativi all’impiego off label dei farmaci, riconoscendo un rimborso fisso di gran lunga inferiore al costo di acquisto del medicinale effettivamente somministrato.

Principio di eccezionalità prescrizione of-label

La delibera, come già anticipato, finisce, peraltro, per alterare profondamente i principi generali sulla prescrivibilità dei medicinali fissati dall’art. 3 del d.l. 23/1998, secondo cui “il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della sanità”, in quanto induce i medici a preferire l’uso off label rispetto a quello ordinario on-label.

Con  tale deliberazione la Regione avrebbe imposto, surrettiziamente, l’uso del farmaco off-label in luogo di quelli autorizzati per la cura specifiche patologie, non tenendo conto che il farmaco off-label può essere somministrato solo in taluni casi, sotto la responsabilità del medico, previo consenso informato del paziente.

Illegittimo il cambio obbligato

Il criterio della non sostituibilità prescrittiva, soprattutto nella forma “automatica”, sarebbe particolarmente evidente nell’ambito dei medicinali biologici, al punto che il Legislatore ha previsto (art. 15, comma 11-quater, d.l. 95/2012) che “non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari”; ciò a maggior ragione vale nel caso di farmaci biologici basati su principi attivi diversi, come nel caso di specie.

Secondo la regione Lombardia, al contrario,la determinazione impugnata non avrebbe inciso sul prezzo di acquisto dei farmaci, ma avrebbe solo operato una riduzione del compenso previsto per gli erogatori per allinearlo ai tre farmaci di pari efficacia, con la conseguenza che si tratterebbe di una misura di politica tariffaria e di programmazione non occorrendola dichiarazione di equivalenza terapeutica bastando il criterio della “valida alternativa”.

La scelta del farmaco meno oneroso da parte del medico tra tre prodotti di pari efficacia, afferma la difesa della Regione,  costituirebbe un suo preciso dovere, sanzionabile in caso di inosservanza.

Quando l’AIFA dichiara la sovrapponibilità è lecito chiedere ai medici di privilegiare il farmaco meno costoso, affermano i giudici, ma  l’affermazione Regionale è valida solo dopo che l’AIFAha dichiarato la sovrapponibilità terapeutica e salvaguardando il diritto di scelta del medico.

In tal caso è lecito che l’amministrazione solleciti i medici a  “privilegiare la scelta della somministrazione economicamente più vantaggiosa, fatta salva la necessaria appropriatezza delle prescrizioni mediche” rimessa alla valutazione del medico prescrittore secondo scienza e coscienza.

Con tale determinazione, infatti, AIFA, si limita a prevedere, anche attraverso la compilazione della scheda multifarmaco, l’assolvimento di un onere di motivazione sulla scelta del medicinale da prescrivere, senza introdurre sanzioni economiche dirette o indirette a carico del medico che non si orienti verso tale scelta.

Il medico è dunque libero di prescrivere il farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso clinico che deve trattare; qualora la scelta di appropriatezza terapeutica ricada sul farmaco on-label più costoso del medicinale Avastin prescrivibile off-label, ciò non comporta alcuna conseguenza né economica né disciplinare per il prescrittore, né tantomeno comporta oneri a carico della struttura sanitaria presso cui il paziente è stato curato.

La Corte Costituzionale (Ad. Plen. 12 aprile 2012, n. 4 che richiama Corte Cost., 28 luglio 1995, n. 416), ricorda la pronuncia, ha delineato una soluzione intermedia del diritto alla salute, affermando che la necessaria discrezionalità del legislatore nel dare attuazione ai princìpi e ai diritti fondamentali deve necessariamente incontrare comunque il noto limite della “riserva del ragionevole e del possibile”. (cfr., Cons. Stato, Sez. III, 14 settembre 2017, n. 4347).

Libertà prescrittiva motivata

La Sezione ha più volte riconosciuto il principio della libertà prescrittiva del medico ( Cons. Stato, Sez. III, 29/9/2017 n. 4546; id. del 5/4/2019 n. 2234), precisando entro quali limiti la Regione possa introdurre linee guida nella scelta terapeutica, ed entro quali limiti.

Ne consegue che laddove non viene pregiudicata la libertà prescrittiva del medico, ma gli viene soltanto imposto un onere di motivazione sulla scelta del farmaco da prescrivere, non sussiste la violazione del suo diritto al libero esercizio della professione medica, né tantomeno viene leso il diritto alla salute del paziente.

Asl contro Agenzie delle Entrate: l’aggio sulle cartelle è irragionevole e va riformato

L’aggio imposto sulle cartelle esattoriali è irragionevole e va riformato, questa è l’opinione espressa nella sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 10 giugno scorso che ha respinto la questione di incostituzionalità del sistema, affermando nel contempo la necessità della riforma del sistema di riscossione.

L’articolo pubblicato dal sole24oresanità

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Sicurezza sul lavoro e farmaci neoplastici

Immagine Esposizione occupazionale a farmaci antineoplastici in ambito sanitarioa

L’esposizione professionale ai farmaci costituisce un rilevante rischio per gli operatori sanitari.

II documento prodotto dall’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro presenta una panoramica delle conoscenze attualmente disponibili

L’evoluzione dei metodi di monitoraggio dell’esposizione e degli effetti, una maggiore attenzione alla sorveglianza sanitaria degli esposti con l’istituzione del relativo registro di esposizione ai farmaci la cui cancerogenicità è nota, una maggiore informazione e formazione del personale all’uso dei dispositivi di protezione e una maggiore attenzione alla percezione del rischio nel personale esposto sono sicuramente strumenti utili ai fini della valutazione e gestione dei rischi per la salute di tale categoria di lavoratori.

Clicca qui per il documento dell’Inail

Come si detraggono le spese sanitarie

Un’importante novità, in vigore dal 1° gennaio 2020, è quella introdotta dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 679 e 680 legge n. 160/2019): ha previsto che la detrazione del 19% degli oneri indicati nell’articolo 15 del Tuir, tra i quali rientrano le spese sanitarie, è fruibile soltanto se il pagamento è effettuato con versamento bancario o postale o altri sistemi tracciabili (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).
Tuttavia, il versamento in contanti continua a essere ammesso, senza perdere il diritto alla detrazione, per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici e per pagare le prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o dalle strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale.

Clicca qui per scaricare il dossier dell’agenzia delle entrate

La rsa può mettere in ferie il sanitario che non si vaccina

Una decisione importante destinata a fare giurisprudenza la pronuncia contenuta nell’ ordinanza n. 12/2021 emessa dal  Giudice del Lavoro di Belluno, Dottoressa Anna Travìa, che ha respinto il ricorso d’urgenza presentato da alcuni infermieri che erano stati messi in ferie forzate dalla struttura dove lavorano  in quanto il medico del lavoro li aveva ritenuti non idonei alla funzione avendo rifiutato il vaccino anti Covid19.

Secondo il Giudice, la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. il quale impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti.

E’ ormai notorio, afferma l’ordinanza,  che il vaccino per cui è causa – è offerto, allo stato, soltanto al personale sanitario e non anche al personale di altre imprese, stante la attuale notoria scarsità per tutta la popolazione – costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia. Conseguentemente, poiché 2109 c.c. dispone che il prestatore di lavoro “ Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro “ il bilanciamento degli interessi  prevale sull’eventuale interesse del prestatore di lavoro ad usufruire di un diverso periodo di ferie.

Giusto sospendere la seconda dose di vaccino anti Covid19 se la prima è stata ricevuta senza diritto

Questa è la posizione espressa dalla IV sezione del Tar della Sicilia sede Catania, (Sicilia), nella sentenza del 13/02/2021 n.102, che ha respinto il ricorso di alcuni cittadini che impugnarono il provvedimento con il quale l'Assessore della Salute della Regione Siciliana sospese la somministrazione della seconda dose di vaccino. (richiamo).

I ricorrenti  aspirano alla declaratoria dell’obbligo dell’Azienda sanitaria intimata di somministrare la seconda dose di vaccino entro la data del 17/2/2021, assumendo (ma non fornendo alcun principio di prova) che, in mancanza, potrebbero verificarsi effetti gravemente dannosi per la loro salute, da un lato, per il mancato completamento del ciclo vaccinale e, dall’altro lato, per il rischio di essere nuovamente sottoposti ad un nuovo ciclo vaccinale composto da altre due dosi.

In particolare, emerse che i ricorrenti, pur non rientrando nelle categorie prioritarie indicate dal Piano Strategico Nazionale di vaccinazione anti Sars-Cov2/Covid-19, ricevettero  la prima dose del vaccino Comirnaty prodotto da Pfizer-Biontech, in data 6/1/2021.

Posizione respinta dal Tar secondo il quale non risultano evidenze scientifiche di eventuali rischi derivanti dalla mancata somministrazione della seconda dose, se non quello della possibile inefficacia del vaccino, effetto che riporterebbe i ricorrenti alla situazione quo ante a quella determinata dall’aver avuto accesso alla prima dose, pur non avendone diritto.

Secondo il Tar, la richiesta andava respinta in quanto andava bilanciato un contrapposto interesse, che non è quello del risparmio di spesa, come indicato in ricorso, ma quello di garantire il regolare proseguimento della campagna vaccinale nei confronti degli aventi diritto, tenuto conto del contingentamento del numero delle dosi di vaccino, l'istanza di misure cautelari monocratiche proposta dai ricorrenti, afferma il Tar,  deve essere respinta.

Il medico ospedaliero chiede esonero dai turni di guardia per ragioni di salute. A quale giudice deve rivolgersi?

La domanda di un dirigente medico, dipendente ASL, di esonero dal servizio di guardia notturna, festiva e di reperibilità per motivi di salute attiene all’accertamento di un diritto soggettivo e rientra, pertanto, nella giurisdizione del giudice ordinario, cui sono devolute le controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze di una delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, senza che ai fini della giurisdizione rilevi la sussistenza di un parere di idoneità, con prescrizioni, emesso dalla Commissione medica competente, il cui giudizio, quale mero atto di verifica sanitaria, è sempre sindacabile dal giudice ordinario, il quale ha il potere-dovere di controllarne l’attendibilità.

(Cassazione Civile Sez. U – Ordinanza n. 618 del 15/01/2021)

Il medico visita a domicilio ma commette un grave errore

Il medico omise di diagnosticare, durante la visita domiciliare effettuata due giorni prima del decesso, la chetoacidosi diabetica da cui la donna era affetta (scambiata per un’influenza stagionale), ed all’origine della polmonite che ne causò il decesso. Il medico propose il ricovero ma la paziente rifiutò ma di questo non vi era prova

il fatto

Un tema spinoso, quello trattato dalla sentenza della terza sezione della Corte di Cassazione n. 10421 del 15 aprile 2019.

La Corte d’Appello di Trieste, ribaltando la diversa opinione del Tribunale del luogo, condannò il medico di famiglia a rifondere agli eredi della paziente defunta la somma di euro 1.015.655,86 a ciascuno dei due figli; 36.170,72 per ciascuna delle sorelle e 192.747,88 alla madre.

Il medico contestò la consulenza tecnica ritenendo che, in assenza di documentazione, che non vi fosse prova che la chetoacidosi fosse già in atto in occasione della visita domiciliare. 

Lo stesso, inoltre, lamentò che non fosse stata valutata la proposta verbale di ricovero che la paziente rifiutò.

Affermò, inoltre, che in presenza di una prestazione medica domiciliare, che non contempla alcun obbligo di refertazione in capo al professionista, e, per converso, in assenza di documentazione clinica che attestasse l’avvenuta visita, la successione temporale degli eventi, le condizioni in cui l’accesso domiciliare avvenne e quelle della paziente al momento della visita non vi fosse prova della sua responsabilità. Tanto piu’ che la paziente aveva rifiutato il ricovero.

Non sussiste, afferma la sentenza:

  • alcun obbligo per il paziente di “depositare la cartella clinica”;
  • all’opposto  non solo la sua assenza ma persino “l’eventuale incompletezza (…) è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente”;
  •  a condizione, però, che “proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno” (Cass. Sez. 3, sent. 21 novembre 2017, n. 27561, Rv. 646472-01)”

Un caso limite che permette di poter dare ai medici alcune indicazioni di principio che valgono in ogni circostanza:

  • Documentare la visita ed i sintomi nella scheda sanitaria utilizzando una scheda di memoria e/o un software che permetta di essere utilizzato anche on-line.
  • Documentare le terapie prescritte.
  • Nel caso di proposte di ricovero rilasciare sempre l’apposita proposta di ricovero.
  • Chiamare con il proprio telefono il 118 può aiutare a documentare l’attività ( il 118 documenta la chiamata e da chi proviene).
  • Nel caso di rifiuto del ricovero predisporre comunque la proposta e far sottoscrivere al paziente il rifiuto della visita.
  • Nel caso di sintomi non chiaramente interpretabili fornire al paziente tutte le istruzioni per valutare l’evoluzione del sintomo e le istruzioni per farvi fronte (richiamare, chiamare la guardia medica, recarsi al pronto soccorso).  Meglio farlo con modalità scritta. 
VISITA DOMICILIARE
LE INFORMAZIONI CHE NON DEVONO MANCARE
DATA 
LUOGO 
SITUAZIONE DEL PAZIENTE AL MOMENTO DELLA VISITA   
QUANTO TEMPO E’ PASSATO DALLA INSORGENZA DEI SINTOMI 
FARMACI ASSUNTI 
 PRESCRIZIONI 
PROPOSTA DI RICOVERO      ( SI) – CHIAMARE SE DEL CASO IL 118 CON IL PROPRIO TELEFONO (NO ) (RIFIUTA) – (FARE SOTTOSCRIVERE RIFIUTO SCRITTO) (INDICATA SE I SINTOMI NON MIGLIORANO)
RIFIUTO DEL RICOVERO – FORMAT : SU CARTA INTESTATA: DOPPIA COPIA (MEGLI0 FARSI STAMPARE IN COPISTERIA LE MATRICI MADRE-FIGLIA GIA’ PRE-STAMPATE) DATA NOME PAZIENTE LUOGO DELLA VISITA PERSONE PRESENTI
In relazione ai sintomi rilevati propongo al paziente il ricovero in ospedale. Lo stesso rifiuta. Lo informo che il rifiuto del ricovero potrebbe determinare un grave rischio per la sua salute, compreso il rischio di perdere la vita. Firma del paziente.