Studio Legale Avv. Paola Maddalena Ferrari

Tar Lazio. La regione non può imporre la vaccinazione antinfluenzale nelle aziende sanitari ed Rsa

Tar Lazio sezione terza 31/01/2022 n. 1117

MASSIMA

Al di là della ragionevolezza della misura (peraltro comunque auspicata dal CTS nei verbali agli atti del giudizio depositati), la sua introduzione non rientra nella sfera di attribuzioni regionale ma, semmai, soltanto in quella statale. Sede quest’ultima cui va dunque ascritta ogni competenza e responsabilità – anche di matrice politica – in merito alla decisione di introdurre o meno obblighi di questo genere.

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6122 del 2020, proposto da omissis

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Allocca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna 27;

Ministero della Salute, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

previa adozione di provvedimento cautelare

dell’ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 17 aprile 2020 n. z00030 avente ad oggetto “ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da covid-2019. ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978 n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica. disposizioni in merito alla campagna di vaccinazione antinfluenzale e al programma di vaccinazione antipneumococcica per la stagione 2020 -2021” pubblicata sul bollettino ufficiale della regione lazio n. 46 del 17 aprile 2020.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2022 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 20 luglio 2020, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno impugnato l’ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 17 aprile 2020 n. Z00030 è stato imposto l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale stagionale per tutte le persone al di sopra dei 65 anni di età (pena il divieto di frequentare luoghi di facile assembramento come centri sociali e case di riposo), nonché per tutto il personale sanitario e sociosanitario operante in ambito regionale (pena il divieto di avere accesso ai rispettivi luoghi di lavoro). Una forte raccomandazione a vaccinarsi è stata, poi, espressa per i bambini tra i sei mesi ed i sei anni.

Ratio dell’intervento regionale era quella di consentire ed agevolare le c.d. “diagnosi differenziali”, in modo da distinguere i sintomi dell’influenza stagionale (che in questo modo non dovrebbero sorgere proprio per via della predetta vaccinazione obbligatoria) da quelli da COVID 19, con conseguente alleggerimento del carico e della pressione sulle strutture regionali sanitarie.

A sostegno delle proprie ragioni, sono stati formulati i motivi di diritto sintetizzati come segue:

– incompetenza del Presidente della Regione Lazio a disporre l’obbligo vaccinale;

– incompetenza ad imporre il predetto obbligo utilizzando lo strumento dell’istituto dell’ordinanza contingibile ed urgente;

– violazione di legge in particolare del D. Lgs. 81/2008 con particolare riferimento alla impossibilità per una circolare a modificare le prescrizioni del d. lgs.81/2008;

– violazione degli articoli 3, 4 e 32, 2° comma Cost., in quanto imporrebbe un trattamento sanitario obbligatorio su presupposti indimostrati ed indimostrabili.

Si è costituita la Regione per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni.

Con Dichiarazione notificata alle altri parti del giudizio in data 22 luglio 2020 e versata in atti il successivo 30 luglio hanno rinunciato al presente giudizio i sig.ri Prosperi, Lucidi e Mandi.

Alla camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. I ricorrenti hanno presentato istanza di prelievo ai sensi dell’art. 71 bis c.p.a. in data 7.10.2020, motivandola in considerazione di un recente precedente specifico della sezione in vicenda analoga. In riscontro alla predetta istanza è stata, quindi, calendarizzata la c.c. del 28.1.2022, nel corso della quale, nella ritenuta sussistenza dei relativi presupposti, è stato dato avviso a verbale alle parti presenti della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi della richiamata disposizione nella parte in cui dispone che “A seguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata.”.

3. Preliminarmente deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio nei confronti dei predetti Omissis

Ritiene il Collegio che l’atto di rinuncia versato in atti, integri i requisiti formali definiti dal codice per la rinuncia agli atti di causa.

3.1. L’art. 84, co. 1, c.p.a. stabilisce infatti, che “La parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa” oltre che dall’avvocato munito all’uopo di mandato speciale “e depositata presso la segreteria” ovvero “mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale”.

3.2. Orbene, la dichiarazione all’esame del Collegio di rinuncia al ricorso in epigrafe, risponde alle ricordate caratteristiche prescritte dall’art. 84 cit., essendo stata sottoscritta dalla parte e depositata in segreteria, dovendo tutti gli atti delle parti (oltre che quelli del Giudice) essere prodotti al fascicolo digitale della causa conformemente alle relative norme regolamentari.

3.3. Altro onere di cui l’art. 84 co. 2 c.p.a grava la parte rinunciante, è la notifica della dichiarazione alle altre parti “almeno dieci giorni prima dell’udienza”, incombente debitamente assolto dalla difesa ricorrente, che vi ha proceduto in data 22 luglio 2020, depositando l’atto abdicativo all’esame il successivo 30 luglio, a fonte dell’odierna Camera di consiglio del 24 gennaio 2022.

Da quanto osservato consegue che il Collegio deve prendere atto della predetta rinuncia qualificandola quale rinuncia optimo iure, tipizzata all’art. 84, commi 1 e 2, c.p.a. e per l’effetto pronunciare, ai sensi dell’art. 35, co. 2, lett. c), c.p.a., l’estinzione del giudizio nei confronti dei sig.ri Tiziana Prosperi, Alessandro Lucidi e Gloria Mandi.

4. Si procede con lo scrutinio del merito del ricorso, che è fondato e deve essere accolto.

Su identica questione si è già pronunciata questa sezione con la sentenza n. 10047 del 2 ottobre 2020 – divenuta definitiva – che ha così statuito:

“Tutto ciò premesso va innanzitutto affrontato il tema della competenza regionale in merito alla possibilità o meno di adottare simili ordinanze contingibili ed urgenti.

8. Al riguardo va preliminarmente osservato che:

8.1. La sentenza del TAR Calabria n. 1462 del 15 settembre 2020 è netta nell’affermare che una simile competenza sia statale. La giurisprudenza costituzionale (prima tra tutte la sentenza n. 5 del 2018) sarebbe infatti orientata ad affermare che la vaccinazione obbligatoria, in quanto trattamento sanitario da imporre ai singoli cittadini, rientri nella sfera di attribuzione del potere centrale. In quel caso è stata annullata una ordinanza regionale del tutto speculare a quella della Regione Lazio;

8.2. Anche il TAR Palermo, seppure con riferimento alla questione migranti, ha affermato con sentenza n. 1952 del 25 settembre 2020 che la legislazione emergenziale COVID autorizza, sì, le regioni ad introdurre misure più restrittive rispetto a quelle stabilite dallo Stato, ma soltanto nei più specifici limiti stabiliti dal legislatore statale stesso.

9. Il collegio ritiene di condividere i due precedenti testé richiamati per le seguenti particolari ragioni:

9.1. Sul piano della normativa speciale non sembrerebbe innanzitutto riscontrabile, una simile competenza regionale, sulla base di quanto previsto dalla legislazione emergenziale COVID. Basti pensare che l’art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020 e l’art. 1, comma 16, del decreto-legge n. 33 del 2020, autorizzano sì le regioni ad introdurre misure più restrittive (ed anche più ampliative) rispetto a quelle statali ma soltanto nel circoscritto ambito di settori ed aree tematiche (comunque rientranti nella competenza costituzionalmente loro accordata) di cui all’art. 1, comma 2, dello stesso decreto-legge n. 19 del 2020 (es. limitazione circolazione persone, chiusura strade, interventi su eventi e manifestazioni culturali, sportive e religiose, trasporti, servizi scolastici e presenza negli uffici pubblici, regolazione di attività commerciali, imprenditoriali e professionali). Aree e materie tra cui, come risulta piuttosto evidente, senza dubbio non è altresì annoverabile la tematica delle vaccinazioni obbligatorie di cui in questa sede si discute;

9.2. Sul piano della normativa più generale, poi, è ben vero che l’art. 32 della legge n. 833 del 1978 prevede al terzo comma che il presidente della giunta regionale possa adottare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di sanità pubblica, ma è altrettanto vero che tale disposizione debba ormai essere letta in uno con le disposizioni di cui all’art. 117 del decreto legislativo n. 112 del 1998 e di cui all’art. 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (come modificato sul punto dal decreto-legge n. 14 del 2017), disposizioni queste rispettivamente entrate in vigore all’indomani del decentramento amministrativo e della riforma del Titolo V della Costituzione. Esse prevedono in particolare che simili poteri di ordinanza (statale oppure regionale) possano essere esercitati “in ragione della dimensione dell’emergenza”.

Va da sé che, ove la suddetta dimensione abbia valenza infraregionale (e comunque sovracomunale), il presidente della regione interessata risulterà ben legittimato ad intervenire. Laddove invece la dimensione assuma quanto meno portata ultraregionale se non addirittura nazionale (come del resto nel caso di specie) la competenza ad adottare simili provvedimenti di urgenza non potrà che essere riservata al centro di imputazione ministeriale. Detto altrimenti, si darebbe luogo ad una inversione del meccanismo della c.d. “attrazione in sussidiarietà” che il nostro ordinamento, tuttavia, non ammette nei termini sopra descritti (la regione eserciterebbe infatti una competenza statale per risolvere problemi regionali, laddove di solito è lo stato centrale ad “attrarre” competenze regionali per affrontare questioni di livello nazionale);

Ancora sul piano della normativa generale, la Regione Lazio invoca la applicazione a suo favore del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della Protezione Civile) senza tuttavia considerare che, in base al combinato disposto di cui agli artt. 5 e 25 del predetto codice, la competenza ad adottare ordinanze in tale materia è da ascrivere in capo al Presidente del Consiglio dei ministri (il quale può agire in tal senso anche per il tramite del Capo Dipartimento della Protezione Civile), mentre alle regioni è riservato soltanto il potere di rilasciare l’intesa sulle ordinanze stesse. Risulta pertanto evidente come nel caso di specie la Regione Lazio si sia del tutto discostata dal descritto modello legale, e ciò dal momento che il Presidente della Regione Lazio ha unilateralmente e direttamente esercitato una simile iniziativa senza attendere che fosse il Presidente del Consiglio dei ministri a muoversi primariamente nella indicata direzione;

9.4. La questione di competenza va altresì affrontata sul piano più latamente costituzionale. E ciò dal momento che la suddetta ordinanza è stata adottata in deroga rispetto al quadro normativo primario di riferimento. Di qui l’esigenza di ricorrere, onde correttamente inquadrare la competenza dei rispettivi organi, agli ordinari criteri di riparto dettati dalla Costituzione (come cristallizzati dagli insegnamenti della Corte costituzionale). Ebbene si osserva al riguardo che:

10.4.1. Secondo la citata sentenza n. 5 del 2018 della Consulta:

a) la vaccinazione obbligatoria è tematica riservata alla competenza statale. Il confine tra terapie ammesse e non ammesse, o meglio tra trattamenti obbligatori e non obbligatori (oppure raccomandati, come nel caso dei vaccini), rientra tra i principi fondamentali della materia “tutela della salute” e deve dunque essere stabilito dallo Stato;

b) ciò anche allo scopo di garantire “misure omogenee su tutto il territorio nazionale” (cfr. punto 7.2.2. della predetta sentenza);

c) la scelta tra obbligo o raccomandazione ai fini della somministrazione del vaccino costituisce in particolare il punto di equilibrio, in termini di bilanciamento tra valori parimenti tutelati dalla Costituzione (nonché sulla base dei dati e delle conoscenze scientifiche disponibili), tra autodeterminazione del singolo da un lato (rispetto della propria integrità psico-fisica) e tutela della salute (individuale e collettiva) dall’altro lato. Tali operazioni di bilanciamento vanno pertanto riservate allo Stato (cfr. altresì, su temi analoghi: Corte cost. n. 169 del 12 luglio 2017; n. 338 del 14 novembre 2003; n. 282 del 26 giugno 2002; n. 258 del 23 giugno 1994);

d) sempre in tema di vaccinazioni obbligatorie sono poi riservati, in capo alle regioni, alcuni spazi riguardanti, ad esempio, l’organizzazione dei servizi sanitari e l’identificazione degli organi deputati al controllo ed alle conseguenti sanzioni (punto 7.2.4. della sentenza);

9.4.2. Ora, non è disconosciuta dalla stessa Corte costituzionale la possibilità che le Regioni possano legiferare (oppure intervenire con effetti sulla normazione primaria, come nel caso di specie) in settori riservati al legislatore statale. Ciò, in ogni caso, a condizione che vengano rispettati i “principi” fissati dalla legge statale, laddove per “principio” deve talora intendersi proprio quel “punto di equilibrio” raggiunto tra “esigenze plurime” ovverossia tra diversi se non opposti interessi di matrice costituzionale (cfr. Corte cost. n. 268 del 14 dicembre 2017). Punto di equilibrio la cui eventuale modificazione ad opera di un intervento regionale, sebbene da qualificarsi come “aggiuntivo” o “rafforzativo” rispetto alla misura/soglia fissata dal legislatore statale, comunque si tradurrebbe in una “alterazione, quindi in una violazione, dell’equilibrio tracciato dalla legge statale di principio” (cfr. Corte cost., sentenze n. 307 del 7 ottobre 2003, n. 331 del 7 novembre 2003 e n. 166 dell’11 giugno 2004). Ebbene, anche nel caso di specie la “soglia” stabilita dal legislatore statale tra obbligo e raccomandazione del vaccino antinfluenzale, poiché costituisce il frutto di una operazione di bilanciamento complessa ed articolata tra libertà del singolo e tutela della salute individuale e collettiva (operazione condotta anche sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili a quel momento), non potrebbe essere derogata dalle regioni neppure in melius ossia in senso più restrittivo (elevando, in altre parole, il livello di obbligatorietà per talune fasce di età e per alcune categorie professionali “a rischio”);

9.4.3. Certamente va considerato, altresì, che l’intervento regionale in discussione è dettato da esigenze organizzative in materia di sanità (obiettivo dichiarato: quello di alleggerire carico e pressione sulle strutture ospedaliere durante il periodo autunnale ed invernale mediante ricorso a diagnosi differenziali). Esistono tuttavia anche altre strade per evitare il decongestionamento delle strutture sanitarie, strade tutte che ben potrebbero rientrare nell’alveo delle competenze regionali costituzionalmente accordate (es. potenziamento attività di tracciamento, c.d. tracing, intensificazione dei tamponi, concreto sviluppo della medicina di prossimità). Appare piuttosto evidente che, con riferimento a queste ultime misure, si tratterebbe di interventi che probabilmente comporterebbero un maggiore impiego di risorse organizzative e finanziarie, ma un logica di risparmio pubblico non potrebbe giammai giustificare, ad ogni buon conto, un simile spostamento della competenza normativa dall’alto verso il basso;

9.4.4. A ciò si aggiunga che, inibendo tra l’altro l’accesso al lavoro al personale medico che non si sottopone alla suddetta vaccinazione antinfluenzale, si violerebbe altresì la competenza statale a dettare principi fondamentali in materia di tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro;

10. Riepilogando brevemente sullo specifico tema:

10.1. La normativa emergenziale COVID non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie;

10.2. Le disposizioni in materia di igiene e sanità nonché di protezione civile non recano previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare questo tipo di ordinanze allorché il fenomeno assuma, come nella specie, un rilievo di carattere nazionale;

10.3. L’ordinamento costituzionale non tollera interventi regionali di questo genere, diretti nella sostanza ad alterare taluni difficili equilibri raggiunti dagli organi del potere centrale.

11. In conclusione si deve affermare che, al di là della ragionevolezza della misura (peraltro comunque auspicata dal CTS nei verbali agli atti del giudizio depositati), la sua introduzione non rientra nella sfera di attribuzioni regionale ma, semmai, soltanto in quella statale. Sede quest’ultima cui va dunque ascritta ogni competenza e responsabilità – anche di matrice politica – in merito alla decisione di introdurre o meno obblighi di questo genere.

12. L’accoglimento del predetto vizio di incompetenza esaurisce peraltro l’oggetto stesso del presente giudizio e rende obbligatorio l’assorbimento delle ulteriori censure sostanziali, versandosi in situazione ove il potere amministrativo non è stato ancora esercitato (art. 34, comma 2, c.p.a.). Si vedano sul punto le conclusioni tratte da: Cons. Stato, sez. IV, 1° marzo 2017, n. 941.

13. Alla luce di quanto sopra riportato ed affermato il ricorso deve dunque essere accolto, nei sensi e nei limiti di cui sopra, con conseguente annullamento della ordinanza regionale in epigrafe indicata”.

5. Ritiene il Collegio di non doversi discostare dal precedente pronunciamento relativo alla medesima Ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 17 aprile 2020 n. Z00030 oggi gravata.

Pertanto il ricorso deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui sopra, e, per l’effetto, l’ordinanza regionale in epigrafe indicata deve essere annullata.

6. La complessità della fattispecie comporta la compensazione integrale tra le parti costituite delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– dichiara, ex art. 35, co. 2, lett. c), c.p.a., l’estinzione del giudizio per rinuncia nei confronti dei sig.ri Omissis;

– accoglie il ricorso nei confronti di tutti gli altri ricorrenti indicati in epigrafe e per l’effetto annulla l’ordinanza pure in epigrafe indicata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Maria Cristina Quiligotti, Presidente

Roberto Vitanza, Consigliere

Francesca Ferrazzoli, Referendario, Estensore                  

L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Francesca Ferrazzoli                       Maria Cristina Quiligotti

IL SEGRETARIO

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Infermiere impugna provvedimento sospensione dell’Ordine Professionale. Il diritto alla salute di tutti vale più dello stipendio.

13/01/2022 n. 7 – Tar Calabria sezione Catanzaro

LA MASSIMA

Richiamata, in proposito, la giurisprudenza secondo cui “il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è sì meritevole di protezione, ma solo fino all’estremo limite in cui la sua tutela non sia suscettibile di arrecare un pregiudizio all’interesse generale (nella specie, la salute pubblica), di fronte al quale è destinato inesorabilmente a soccombere, sicché, ove il singolo intenda consapevolmente tenere comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una disposizione di legge che quell’interesse miri specificamente a proteggere, deve sopportarne le inevitabili conseguenze” (Tribunale di Catanzaro, ord. 19 dicembre 2021 in procedimento n. 1637-1/2021 R.G).
Non deve essere sospesa la delibera del Consiglio Direttivo dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche che ha sospeso dall’Albo degli infermieri un infermiere che si è sottratto dall’obbligo vaccinale senza accampare un elemento ostativo alla vaccinazione ma la mancanza di un atto formale di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte della competente Azienda Sanitaria e l’impossibilità, da parte dell’Ordine professionale, di surrogarsi a detta azienda nel compito di accertare un fatto (la mancata sottoposizione a vaccinazione) le cui conseguenze sono vincolativamente determinate dal legislatore.

sul ricorso numero di registro generale 1899 del 2021, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Elisa Lupis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ordine delle Professioni Infermieristiche di Catanzaro, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– della delibera del Consiglio Direttivo dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Catanzaro del -OMISSIS-, avente ad oggetto la “-OMISSIS–OMISSIS-”;

– di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi;

e per il risarcimento del danno ingiusto subito.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 c.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 il dott. Francesco Tallaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Osservato che l’odierno ricorso non riguarda un atto di gestione del rapporto di lavoro intercorrente tra il ricorrente e l’Azienda Ospedaliera -OMISSIS-, ma ha ad oggetto il provvedimento, di carattere autoritativo benché vincolato, di sospensione dall’Albo degli Infermieri, sicché, alla cognizione sommaria tipica della presente fase, appare correttamente individuata la giurisdizione di questo plesso di giustizia amministrativa (Cons. Stato, Sez. III, ord. 23 dicembre 2021, n. 6796; TAR Friuli Venezia Giulia, 13 settembre 2021, n. 276);

Osservato che è fuori discussione l’inosservanza, da parte del ricorrente, dell’obbligo, sancito dall’art. 4 d.l. 1 aprile 2021, n. 44, conv. con mod.con l. 28 maggio 2021, n. 76, di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid-19, obbligo della cui conformità a Costituzione questo Tribunale (così come la più autorevole giurisprudenza sin qui pronunciatasi: cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045) non dubita, essendo coerente con i migliori approdi conoscitivi cui è pervenuta la comunità scientifica e costituendo espressione del principio di solidarietà sociale;

Osservato che il ricorrente non ha dedotto, in questa sede giurisdizionale, la sussistenza di elementi ostativi alla sottoposizione, da parte sua, alla vaccinazione obbligatoria;

Osservato che, di contro, il ricorso si incentra solo sulla mancanza di un atto formale di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte della competente Azienda Sanitaria Provinciale e sull’impossibilità, da parte dell’Ordine professionale, di surrogarsi a detta azienda nel compito di accertare un fatto (la mancata sottoposizione a vaccinazione) le cui conseguenze sono vincolativamente determinate dal legislatore;

Ritenuto, alla stregua di tali rilievi, che la domanda cautelare non possa trovare accoglimento; non sussiste, infatti, per il ricorrente il pericolo di un danno grave e irreparabile: egli, infatti, potrà agevolmente rimuovere gli effetti negativi dell’atto impugnato sottoponendosi alla vaccinazione anti Covid-19, così adempiendo a un preciso obbligo derivante dalla legge e, ancor prima (cfr. Cons. Stato, Sez. III, decr. 1 dicembre 2021, n. 6401), dal giuramento professionale (cfr. anche Tribunale di Catanzaro, ord. 19 dicembre 2021 in procedimento n. 1637-1/2021 R.G., che parla di “una sorta di condizione risolutiva potestativa” (…) “il cui accadimento rientra nella disponibilità del lavoratore il quale in qualunque momento, con un comportamento volontario – che, anzi, sarebbe doveroso atteso lo specifico obbligo vigente a suo carico – può far cessare gli effetti della sua sospensione dal lavoro e dalla conseguente retribuzione”);

Osservato, d’altra parte, che nel bilanciamento tra gli interessi in gioco, quello del ricorrente all’esercizio dell’attività sanitaria e alla correlativa percezione della remunerazione in violazione dell’obbligo vaccinale è destinato a soccombere a fronte delle pressanti esigenze di tutela della salute pubblica e, soprattutto della salute di chi si rivolga al personale sanitario;

Richiamata, in proposito, la giurisprudenza secondo cui “il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è sì meritevole di protezione, ma solo fino all’estremo limite in cui la sua tutela non sia suscettibile di arrecare un pregiudizio all’interesse generale (nella specie, la salute pubblica), di fronte al quale è destinato inesorabilmente a soccombere, sicché, ove il singolo intenda consapevolmente tenere comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una disposizione di legge che quell’interesse miri specificamente a proteggere, deve sopportarne le inevitabili conseguenze” (Tribunale di Catanzaro, ord. 19 dicembre 2021 in procedimento n. 1637-1/2021 R.G,);

Ritenuto, quanto alle spese, che non vi sia luogo a provvedere, stante la mancata costituzione dell’amministrazione intimata;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) rigetta l’istanza di tutela cautelare.

Nulla sulle spese.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Iannini, Presidente

Francesco Tallaro, Primo Referendario, Estensore

Manuela Bucca, Referendario

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